Demonisation demands destruction. Throughout history, spiralling rhetoric has led to dehumanisation and violence. And in America, from Lincoln to Kennedy, it has also produced assassinations. Little is known so far about the background, influences and motivation of Thomas Matthew Crooks, the 20-year-old registered Republican who tried to kill Donald Trump in Pennsylvania last night. But with America literally inches from its fifth Presidential murder, it may be time to ask whether the wildness of political discourse is not leading us into the darkness. In a video call with donors on Monday, Joe Biden said “it’s time to put Trump in the bull’s-eye”; just days ago, a new Democratic advertisement branded Trump “a lapdog for a dictator who blames America first”. Further back, Biden famously remarked that, “if we were in high school, I’d take him behind the gym and beat the hell out of him.” By themselves, these statements may simply be examples of the cut-and-thrust of campaigning. Politics are politics. Hindsight is hindsight. Such is the frenzy of the debate, however, that this is the mildest vanguard of a trend for attacking Trump in the most graphic terms and getting away with it. For all the Left’s exhortations to “be kind”, they seem happy to make an exception when it comes to the 45th president.

La demonizzazione richiede la distruzione. Nel corso della storia, la spirale della retorica ha portato alla disumanizzazione e alla violenza. E in America, da Lincoln a Kennedy, ha prodotto anche omicidi. Finora si sa poco sul background, sulle influenze e sulle motivazioni di Thomas Matthew Crooks, il ventenne repubblicano registrato che ieri sera ha tentato di uccidere Donald Trump in Pennsylvania. Ma con l’America letteralmente a un passo dal suo quinto omicidio presidenziale, potrebbe essere il momento di chiedersi se la follia del discorso politico non ci stia conducendo nell’oscurità. Lunedì, in una videochiamata con i donatori, Joe Biden ha detto che “è ora di mettere Trump nel centro del bersaglio”; pochi giorni fa, una nuova pubblicità democratica ha definito Trump “il cagnolino di un dittatore che incolpa prima l’America”. Più indietro, Biden ha notoriamente osservato che “se fossimo al liceo, lo porterei dietro la palestra e lo batterei a morte”. Di per sé, queste affermazioni potrebbero semplicemente essere esempi del taglio e della spinta della campagna. La politica è politica. Il senno di poi è il senno di poi. Tale è la frenesia del dibattito, tuttavia, che questa è l’avanguardia più blanda di una tendenza ad attaccare Trump nei termini più espliciti e a farla franca. Nonostante tutte le esortazioni della sinistra a “essere gentili”, sembrano felici di fare un’eccezione quando si tratta del 45esimo presidente.