Who could fail to smile at the opening lines of Kenneth Grahame’s evocative Duck’s Ditty, published in his 1908 classic The Wind in the Willows? For my generation, it remains a must-read slice of childhood; a sunny reminder of summer outings to the park or the stream, pockets crammed with crusts for the greedy mallards, so beadily intent they were as likely to snatch a fingertip as a torn-off scrap of toast in their soft-snapping bills. And later, while the adults idled, we would get to work; immersing ourselves in every last detail of the water margins and hedgerows. Banded snails, bulrushes, stag beetles. Collecting scores of sticky seeds from the goosegrass to throw on each other’s t-shirts was as much a rite of passage as hunting for wild strawberries or watching columns of ants return from foraging expeditions. We alone recognised the majesty in the teeming terrain below grownups’ feet; it was our private realm and we guarded it with proprietorial ferocity. Stop! Careful where you tread! There are newts under that stone! Familiarity bred not contempt but connection to the precious natural world. How sad then – worse, how tragic – that a survey has shown that one in five British children has never fed a duck. No great surprise, surely, when they are routinely told it’s dangerous to give them bread. Lettuce and other vegetables are preferable, but given this pessimism makes families feel unsure about how to interact with nature, perhaps the occasional slice of stale Kingsmill could be overlooked?
Chi potrebbe non sorridere davanti alle prime righe dell’evocativo Duck’s Ditty di Kenneth Grahame, pubblicato nel suo classico del 1908 Il vento tra i salici? Per la mia generazione rimane uno spaccato d'infanzia da leggere; un solare ricordo delle gite estive al parco o al ruscello, tasche piene di croste per gli avidi germani reali, così graziosamente intenti che erano propensi a strappare un polpastrello o un pezzo di pane tostato strappato nelle loro morbide banconote. E più tardi, mentre gli adulti oziavano, ci mettevamo al lavoro; immergendoci in ogni minimo dettaglio dei margini d'acqua e delle siepi. Lumache fasciate, giunchi, cervi volanti. Raccogliere decine di semi appiccicosi dall’erba d’oca da gettare sulle magliette degli altri era un rito di passaggio tanto quanto andare a caccia di fragoline di bosco o osservare colonne di formiche che tornavano dalle spedizioni di foraggiamento. Solo noi riconoscevamo la maestosità del brulicante terreno sotto i piedi degli adulti; era il nostro regno privato e lo custodivamo con ferocia proprietaria. Fermare! Attento a dove metti i piedi! Ci sono dei tritoni sotto quella pietra! La familiarità non genera disprezzo ma connessione con il prezioso mondo naturale. Quanto è triste allora – peggio, quanto è tragico – che un sondaggio abbia dimostrato che un bambino britannico su cinque non ha mai dato da mangiare a un’anatra. Nessuna grande sorpresa, sicuramente, quando viene loro ripetuto che è pericoloso dare loro il pane.La lattuga e altre verdure sono preferibili, ma dato che questo pessimismo rende le famiglie insicure su come interagire con la natura, forse si potrebbe trascurare una fetta occasionale di Kingsmill stantio?
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