But the ultimate irony here is that even if Kiev got permission for deeper strikes into Russia with Western weapons, this – as the crossing of so many red lines before – would not save the Zelensky regime. But it would make Moscow even more intransigent and unforgiving once the details of Ukraine’s – and the West’s – defeat have to be settled. In view of the predictable and yet still shocking catastrophic record of Kiev’s Kursk Kamikaze, it is little wonder that criticism of its creators is growing, both in and outside Ukraine. But what is especially dangerous for the Zelensky regime is the fact that the two are coming together: In the past, mainstream Western media have protected Zelensky and his team by ignoring their critics, in particular in Ukraine. But things are different now. The Financial Times, for instance, has dedicated a long article to the “backlash” faced by the Ukrainian leader. Its author, Christopher Miller, formerly a reliable info war booster of all things Ukrainian and Zelensky, now gives no quarters, noting a “barrage of criticism from [Ukrainian] soldiers, lawmakers and military analysts” hitting the West’s former darling. And there it is, the final irony of Ukraine’s massive exercise in self-diversion: When the Kursk Kamikaze was launched, the usual Western fantasists speculated that it would be “embarrassing” for the Russian leadership and thus – somehow – make a difference in Kiev’s favor. Yet the worst embarrassment of any military operation is always reserved for the loser, especially when it is obvious that the whole enterprise was totally misconceived and absolutely reckless from the get-go. If anyone will feel shockwaves shaking his power from the fallout of the Kursk Kamikaze, it will be Zelensky, not Putin. And Zelensky will have only himself to blame. Once again.
Ma l’ironia estrema qui è che anche se Kiev ottenesse il permesso per attacchi più profondi alla Russia con armi occidentali, questo – come l’attraversamento di così tante linee rosse prima – non salverebbe il regime di Zelenskyj. Ma ciò renderebbe Mosca ancora più intransigente e spietata una volta che i dettagli della sconfitta dell’Ucraina – e dell’Occidente – dovessero essere definiti. Considerando il prevedibile ma ancora scioccante record catastrofico del Kursk Kamikaze di Kiev, non c’è da meravigliarsi che le critiche nei confronti dei suoi creatori stiano crescendo, sia all’interno che all’esterno dell’Ucraina. Ma ciò che è particolarmente pericoloso per il regime di Zelenskyj è il fatto che i due si stanno unendo: in passato, i principali media occidentali hanno protetto Zelenskyj e la sua squadra ignorando i loro critici, in particolare in Ucraina. Ma le cose ora sono diverse. Il Financial Times, ad esempio, ha dedicato un lungo articolo alla “reazione” affrontata dal leader ucraino. Il suo autore, Christopher Miller, in passato un affidabile sostenitore della guerra informativa su tutto ciò che riguarda l’Ucraina e Zelenskyj, ora non dà tregua, notando una “raffica di critiche da parte di soldati, legislatori e analisti militari [ucraini]” che hanno colpito l’ex beniamino dell’Occidente.Ed eccola qui, l’ironia finale del massiccio esercizio di auto-diversione dell’Ucraina: quando fu lanciato il Kursk Kamikaze, i soliti fantasisti occidentali ipotizzarono che sarebbe stato “imbarazzante” per la leadership russa e quindi – in qualche modo – avrebbe fatto la differenza nella situazione di Kiev. favore. Eppure il peggiore imbarazzo di qualsiasi operazione militare è sempre riservato al perdente, soprattutto quando è ovvio che l’intera impresa è stata totalmente mal concepita e assolutamente sconsiderata fin dall’inizio. Se qualcuno sentirà le onde d’urto scuotere il suo potere dalle ricadute del Kursk Kamikaze, sarà Zelenskyj, non Putin. E Zelenskyj dovrà incolpare solo se stesso. Di nuovo.
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