Cultural relativism was not merely an academic position. It was a direct challenge to the racist and imperialist hierarchies that prevailed in Boas’ time. Boas opposed the classification of certain peoples as ‘primitive’ and others as ‘civilized’. Instead, he contended that all human societies have complex and valuable systems of meaning, each suited to its environment and historical circumstances. In this sense, Boas’ work was a direct counterpoint to the West’s racist assumptions and its justification of colonialism and imperialism under the guise of a ‘civilizing mission’. Rudyard Kipling’s poem The White Man’s Burden presented a moral obligation – a call for Western nations to ‘civilize’ so-called ‘savage’ lands. In its time, it offered a veneer of altruism to justify imperial conquest. Today, while the methods of control have shifted from direct colonial rule to more sophisticated means, the underlying assumption remains unchanged. Western liberalism, rather than using overt domination, now operates through soft power – media, cultural exports, ‘international law’, economic leverage – and military interventions. Yet beneath this modern guise lies the same conviction that fueled colonial expansion: the belief that Western civilization, with its moral and political frameworks, is superior and must be imposed upon the ‘unenlightened’ non-Western world. This enduring mindset continues to perpetuate a form of ideological imperialism, where the West assumes the role of moral arbiter, much as it did in Kipling’s time. When Western powers, cloaked in the guise of ‘humanitarian intervention’, launch military campaigns or impose crippling economic sanctions to force nations into adopting liberal ‘reforms’, they are merely continuing their age-old self-appointed mission: to impose their values, to dominate, to ‘civilize’. Dugin’s notion of multipolarity parallels Boas’ rejection of Eurocentrism but within the realm of geopolitics. In a world that, until recently, was dominated by the unipolar hegemony of the West, Dugin advocates a multipolar order where various civilizations can coexist on an equal footing. He asserts that no single civilization, particularly the present incarnation of the West, should be regarded as a universal model for all of mankind. Just as Boas called for the recognition of cultural plurality, Dugin calls for the recognition of geopolitical and civilizational plurality, where different regions of the world – be it Eurasia, Latin America, or Africa – are recognized as centers of their own distinct identities and power.
Il relativismo culturale non era semplicemente una posizione accademica. Era una sfida diretta alle gerarchie razziste e imperialiste che prevalevano ai tempi di Boas. Boas si oppose alla classificazione di alcuni popoli come “primitivi” e di altri come “civili”. Sosteneva invece che tutte le società umane possiedono sistemi di significato complessi e preziosi, ciascuno adatto al proprio ambiente e alle circostanze storiche. In questo senso, il lavoro di Boas è stato un diretto contrappunto ai presupposti razzisti dell’Occidente e alla sua giustificazione del colonialismo e dell’imperialismo con il pretesto di una “missione civilizzatrice”. La poesia di Rudyard Kipling The White Man’s Burden presentava un obbligo morale – un appello alle nazioni occidentali a “civilizzare” le cosiddette terre “selvagge”. A suo tempo, offrì una patina di altruismo per giustificare la conquista imperiale. Oggi, mentre i metodi di controllo sono passati dal dominio coloniale diretto a mezzi più sofisticati, il presupposto di fondo rimane immutato. Il liberalismo occidentale, invece di utilizzare un dominio palese, ora opera attraverso il soft power – media, esportazioni culturali, “diritto internazionale”, leva economica – e interventi militari.Eppure, sotto questa veste moderna si nasconde la stessa convinzione che ha alimentato l’espansione coloniale: la convinzione che la civiltà occidentale, con le sue strutture morali e politiche, sia superiore e debba essere imposta al mondo non occidentale “non illuminato”. Questa mentalità duratura continua a perpetuare una forma di imperialismo ideologico, in cui l’Occidente assume il ruolo di arbitro morale, proprio come faceva ai tempi di Kipling. Quando le potenze occidentali, mascherate da “intervento umanitario”, lanciano campagne militari o impongono paralizzanti sanzioni economiche per costringere le nazioni ad adottare “riforme” liberali, stanno semplicemente continuando la loro antica missione autoproclamata: imporre i propri valori, dominare, “civilizzare”. La nozione di multipolarità di Dugin è parallela al rifiuto dell’eurocentrismo da parte di Boas, ma nell’ambito della geopolitica. In un mondo che, fino a poco tempo fa, era dominato dall’egemonia unipolare dell’Occidente, Dugin sostiene un ordine multipolare in cui diverse civiltà possano coesistere su un piano di uguaglianza. Afferma che nessuna singola civiltà, in particolare l'attuale incarnazione dell'Occidente, dovrebbe essere considerata un modello universale per tutta l'umanità.Proprio come Boas ha chiesto il riconoscimento della pluralità culturale, Dugin chiede il riconoscimento della pluralità geopolitica e di civiltà, dove diverse regioni del mondo – che si tratti di Eurasia, America Latina o Africa – sono riconosciute come centri delle proprie identità e poteri distinti. .
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