The crashing incompetence of Keir Starmer and his Cabinet, like the Conservatives before them, is starting to make Nigel Farage look like a much more serious politician. As with most of the so-called Westminster “elite”, I never used to take my fellow GB News presenter all that seriously, largely because he didn’t seem to either. With his “Bad Boys of Brexit” schtick, which famously saw him compare then EU president Herman Van Rompuy to a “wet rag”, Farage presented himself as an anti-establishment disruptor, rather than someone actually capable of running the country. While the jury very much remains out on his boast to me, on Thursday’s Daily T podcast, that he could “possibly” be PM come 2029, his rivals underestimate him at their peril. They have yet to fully catch on to the threat posed by Farage and his increasingly professionalised Reform Party – but Prof Sir John Curtice, a man who knows a thing or two about Westminster politics, already sees it clearly. As the political scientist wrote this week in the Telegraph, reflecting on how 42 per cent of the electorate voted for someone other than Labour and the Tories on July 4: “The grip of Britain’s two largest parties on the affections of the electorate has never looked weaker.” At the last general election, one in four Conservative voters backed Reform, fed up with broken Tory promises on tax and immigration, not to mention the party’s obsession with net zero. Their lockdown zealotry hardly helped, nor did the perception that Boris Johnson and his successors failed to capitalise on Brexit.
La schiacciante incompetenza di Keir Starmer e del suo gabinetto, come dei conservatori prima di loro, sta iniziando a far sembrare Nigel Farage un politico molto più serio. Come con la maggior parte della cosiddetta “élite” di Westminster, non ho mai preso sul serio il mio collega presentatore di GB News, soprattutto perché non sembrava che lo facesse neanche lui. Con il suo slogan da “I cattivi ragazzi della Brexit”, che lo ha visto paragonare l’allora presidente dell’UE Herman Van Rompuy a uno “straccio bagnato”, Farage si è presentato come un disgregatore anti-establishment, piuttosto che qualcuno effettivamente in grado di governare il paese. Anche se la giuria non si è ancora espressa riguardo al suo vantarsi con me, nel podcast del Daily T di giovedì, secondo cui potrebbe “possibilmente” diventare Primo Ministro nel 2029, i suoi rivali lo sottovalutano a loro rischio e pericolo. Devono ancora comprendere appieno la minaccia rappresentata da Farage e dal suo sempre più professionalizzato Partito riformista – ma il professor Sir John Curtice, un uomo che sa una o due cose sulla politica di Westminster, lo vede già chiaramente.Come ha scritto il politologo questa settimana sul Telegraph, riflettendo su come il 42% dell'elettorato abbia votato per qualcuno diverso dai laburisti e dai conservatori il 4 luglio: “La presa dei due maggiori partiti britannici sugli affetti dell'elettorato non è mai stata così forte. più debole." Alle ultime elezioni generali, un elettore conservatore su quattro ha sostenuto la riforma, stufo delle promesse non mantenute dai conservatori su tasse e immigrazione, per non parlare dell’ossessione del partito per lo zero netto. Il fanatismo del lockdown non ha certo aiutato, così come non ha aiutato la percezione che Boris Johnson e i suoi successori non siano riusciti a trarre vantaggio dalla Brexit.
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