A couple of weeks ago, I turned on a brand new tablet running Android, the mobile operating system bought by Google in 2005. As part of the setup process, it asked me which search engine I’d like to use. There was a choice of 14; some of them I’d heard of (Bing, DuckDuckGo), while others (OceanHero, Mojeek) I hadn’t. But there, fourth or fifth down the list, was Google. Relief! That was obviously the one I chose. Why would I do anything else? This natural reflex to turn to Google Search began around the year 2000, when windows to the web were still the so-called “portals”: curated pages by the likes of AltaVista, Excite and Yahoo!, crammed with information (news, sport, weather, entertainment) and whose search boxes generally steered us in the direction the portal wanted us to go. Google took a completely different tack, presenting an almost blank search page (a look it retains today) completely focussed on speed and accuracy. Its results, supremely accurate, felt like a kind of sorcery. Google achieved this by adopting an approach known in academia as citation analysis: the more frequently any page was linked to by other pages, the more valuable it was deemed to be. Brin and Page called it “PageRank”, and it changed everything. People or companies who produced compelling content would suddenly find their popularity boosted by the algorithm, and they basked in that new-found attention. Naturally, attempts were made to game the system – indeed, a whole industry called SEO (search engine optimisation) grew up to do just that – but for the most part, Google stayed ahead of the game.
Un paio di settimane fa ho acceso un tablet nuovo di zecca con Android, il sistema operativo mobile acquistato da Google nel 2005. Durante il processo di configurazione, mi è stato chiesto quale motore di ricerca avrei voluto utilizzare. C'era una scelta di 14; di alcuni di cui avevo sentito parlare (Bing, DuckDuckGo), mentre di altri (OceanHero, Mojeek) no. Ma lì, al quarto o quinto posto della lista, c’era Google. Sollievo! Ovviamente è stato quello che ho scelto. Perché dovrei fare qualcos'altro? Questo riflesso naturale di rivolgersi a Ricerca Google è iniziato intorno al 2000, quando le finestre sul web erano ancora i cosiddetti “portali”: pagine curate da aziende del calibro di AltaVista, Excite e Yahoo!, piene di informazioni (notizie, sport, meteo, intrattenimento) e le cui caselle di ricerca generalmente ci indirizzavano nella direzione in cui il portale voleva che andassimo. Google ha preso una strada completamente diversa, presentando una pagina di ricerca quasi vuota (un aspetto che mantiene oggi) completamente incentrata sulla velocità e sulla precisione. I suoi risultati, estremamente accurati, sembravano una sorta di stregoneria. Google ha raggiunto questo obiettivo adottando un approccio noto nel mondo accademico come analisi delle citazioni: quanto più spesso una pagina era collegata ad altre pagine, tanto più preziosa era considerata. Brin e Page lo chiamarono “PageRank” e cambiò tutto.Le persone o le aziende che producevano contenuti accattivanti vedrebbero improvvisamente la loro popolarità aumentata dall'algoritmo e si crogiolarebbero in quella ritrovata attenzione. Naturalmente, sono stati fatti dei tentativi per ingannare il sistema – anzi, un intero settore chiamato SEO (ottimizzazione dei motori di ricerca) è cresciuto proprio per fare questo – ma, nella maggior parte dei casi, Google è rimasta in vantaggio.
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